IL PORTAVOCE

Caspita, quel diavolo d'un editorialista ne ha scritto un'altra delle sue. Raramente un giornalista si spinge a criticare un collega tanto aspramente quanto ha fatto di recente Nino Grasso su un importante quotidiano lucano.

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Bontà sua e valutazioni dell'Ordine a parte, chi non può competere col decano dei pubblicisti quanto ad esperienza e relazioni autorevoli, deve risolversi alla "fredda cronaca" lasciando ai lettori giudizi e valutazioni.

L'amministrazione della giustizia in Basilicata non attira quello che si potrebbe definire un coro di plausi, né sorgono spontanee manifestazioni di apprezzamento per quanto le cronache giudiziarie vanno riportando su importanti magistrati, avvocati e politici lucani coinvolti a vario titolo (spesso come indagati) in vicende moralmente disdicevoli e penalmente rilevanti. "Del che è verbale", direbbe il brigadiere di turno. Purtroppo ai tanti interrogativi che sorgono fra i mediamente informati nessuno ha dato risposte esaurienti e meglio non depone la pretesa che si censurino le domande e le critiche. Inutili, in tal senso, si sono rivelate le decine di querele ed i consequenziali procedimenti penali che hanno visto imputati alcuni giornalisti. Resta l'assunto che scrivere fatti veri, di pubblico interesse e con linguaggio continente non costituisce reato. Checché pretendano di affermare quanti sono poco avvezzi a vedersi limitare nell'arroganza, nell'abuso, nella sopraffazione e, talvolta, nel turpiloquio.

Di seguito, si riportano alcune inchieste che narrano le gesta di una classe politica, giudiziaria ed imprenditoriale protagonista di una delle pagine più scure della storia d'Italia. Scritta in Basilicata ma di valenza anche più ampia.

Inchiesta giornalistica Cannizzaro-Genovese (il caricamento dell'intera inchiesta può richiedere qualche minuto)